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Lazio abbazie
e monasteri
ABBAZIA DI SAN NILO
Da i grandiosi criptoportici tuttora visibili, facenti
parte del muro che la delimita a valle, è facile ipotizzare che l’Abbazia
di san Nilo a Grottaferrata sia una costruzione romana. Alcuni ritengono
addirittura che i resti di questo complesso appartenessero alla celebre
villa di Marco Tullio Cicerone, ipotesi non verificata ma neanche scartata
del tutto dal momento che già un'altra piccola costruzione di epoca
romana, ritenuta una tomba dell'ultimo periodo repubblicano e nel Medioevo
consacrata al culto cristiano, si è certi si trovasse entro la stessa
area. Era costituita da due ambienti coperti da volte a crociera, illuminati
da piccole finestre protette da robuste inferriate, denominata in un'antica
iscrizione come "crypta ferrata", iscrizione che prima ancora dell'anno
1000, avrebbe dato il nome di Grottaferrata al luogo al luogo in cui
sorgeva quell’antica costruzione.
L’abbazia vera e propria vide la sua origine intorno
all’anno 1024, quando l'abate Nilo, nato a Rossano Calabro, ma di origine
e formazione greca, dopo aver lasciato la Calabria sfuggendo alle incursioni
dei Saraceni e dopo aver vagato per lungo tempo, aveva costruito insieme
ai suoi monaci proprio nel territorio di Grottaferrata una modesta casa
per accogliere i pellegrini. Dalla casa venne poi costruita una chiesa,
primo insediamento dell’abbazia che del suo fondatore divenuto poi Santo
porta il nome. Occorre ricordare però che è all’abate Bartolomeo che
si deve la costruzione del monastero e la continuazione della tradizione
del monachesimo orientale - che basa la sua dottrina su quella di San
Basilio - e l'indirizzo operoso della comunità alla composizione e alla
trascrizione di inni sacri.
Nel secolo successivo alla posa della prima pietra,
per donazioni dei conti del Tuscolo e dei pontefici romani, le proprietà
terriere del monastero si accrebbero notevolmente sotto la sapiente
amministrazione dei monaci. Ma le lotte fra Albano e Tuscolo e le guerre
tra Romani e Tuscolani costrinsero poco dopo i monaci a trasferirsi
a Subiaco, abbandonando per circa 30 anni l'abbazia. L'abbazia riprese
vita solo nel 1191, e nei secoli successi venne più volte coinvolta
nelle spiacevoli vicende che attanagliarono la Chiesa: il periodo avignonese
prima, lo scisma d'Occidente poi. Con l'istituzione della Commenda nel
1462, per volere di Pio II, il cardinale Giovanni Bessarione, dotto
umanista greco, ridonò all'abbazia un periodo di pace e di notevole
ripresa, anche se non mancarono successivi episodi di occupazione e
di distruzione. Per tutelare l’Abbazia vennero allora innalzate poderose
fortificazioni costituendo quel castello, ancora esistente, che prende
il nome di Roveriano. Nel 1820 l'abbazia venne dichiarata monumento
nazionale per il suo patrimonio artistico, culturale e religioso, e
nel 1824 il Papa Leone XII soppresse la Commenda rimanendo unico abate
Nilo III Alessandrini.
L'arte scrittoria è stata la prima e principale attività
dei monaci di S. Nilo e per la qualità e l'abbondanza della produzione,
dona al monastero il nome di officina librorum, integrata fino dal 1888
da una modesta tipografia che nel primo decennio del 1900 si è trasformata,
con ricche attrezzature, nella scuola tipografica italo-orientale e
che oggi, pubblica preziose edizioni soprattutto di libri liturgici
delle Chiese orientali.
A testimonianza della lunga e tortuosa storia dell'abbazia
e dell'attività che nei secoli si è svolta nel suo interno, è stato
organizzato sul finire dell'Ottocento al piano terra del palazzo dei
Commendatari, un Museo che raccoglie oggetti di scavo di epoca preistorica
e romana rinvenuti nelle aree più prossime e nel territorio tuscolano.
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