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Umbria abbazie
e monasteri
Abbazia
di San Pietro
La costruzione della basilica risale al 970 quando,
alcuni monaci cluniacensi spostandosi dal monte Subasio, andarono ad
abitare presso la antichissima chiesa di San Pietro, aperta verso la
campagna assisiate, dove iniziarono la costruzione del Monastero di
S. Pietro, tuttora esistente.
Le due comunità che si trovarono così a convivere,
quella della chiesa e quella del monastero, mantenevano comunque frequenti
rapporti, (poiché in entrambe le abbazie la Regola professata era quella
benedettina) pur rimanendo distinte e ciascuna con un proprio abate
e una propria economia. Nei primi anni del 1200, la chiesa fu ricostruita
nello stile romanico-gotico cistercense, ad opera dei monaci cistercensi
detti Florensi, discepoli dell'abate Gioacchino da S. Flora. La facciata
fu terminata solo terminata nel 1268, ed è divisa in due parti: in quella
superiore campeggiano tre rosoni; nell'inferiore, il portale principale
è fiancheggiato da due lesene; sotto gli archetti pensili, la loggetta
presenta un'iscrizione dedicatoria a S. Pietro.
La chiesa è internamente divisa in tre navate, con
presbiterio sopraelevato e coperto da una cupola a forma conica. Sotto
la cupola si trova il moderno altare della Confessione, che custodisce
le reliquie di S. Vittorino, Vescovo e martire di Assisi (III secolo).
Nel XIV secolo venne aperta la Cappella del Crocifisso o del Santissimo,
al cui interno si trovano tre affreschi di notevole pregio di un anonimo
pittore di scuola senese del XIV secolo. La chiesa abbaziale è dal 1706
di proprietà dei monaci benedettini cassinesi, che ne avevano assunto
l'ufficiatura già nel 1614.
I monaci abitano un monastero annesso alla chiesa
abbaziale; alcuni di essi rispettano lo stile di vita claustrale, altri,
invece, hanno l'onere della chiesa abbaziale, ossia hanno ricevuto dal
Vescovo il compito di occuparsi della parrocchia e dei suoi fedeli,
tuttavia, la gestione della parrocchia è adeguata al modus vivendi,
semplice e profondamente interiore dei Benedettini. Devono custodire
la biblioteca, ordinata e fornita di centinaia di volumi, con l'annesso
archivio storico, che offre la possibilità di conoscere la storia locale
e del monastero; la falegnameria ora non in funzione, che per molto
tempo è stata prezioso laboratorio in cui i monaci non solo lavoravano,
ma insegnavano anche ai popolani a lavorare il legno; i saloni, spaziosi
e atti ad accogliere persone devote per incontri spirituali.
I monaci sono votati alla vita dei campi, allo studio
e alla preghiera, secondo la Regola dell' "ora et labora", ma sono anche
impegnati nella vita comunitaria. Nel 1860, a seguito del Decreto Pepoli,
i monasteri vennero privati dei propri beni, ma l'Abbazia di S.
Pietro non subì la stessa sorte, perché il monastero venne riconosciuto
di pubblica utilità per la gestione della parrocchia. Negli anni ‘80,
i Benedettini sono rientrati in possesso dei loro beni. ed oggi dispongono
di una cospicua estensione terriera di circa 120 ettari, di cui 17 coltivati
ad uliveto, con circa 2.500 piante da cui ricavano un olio pregiato,
venduto anche al pubblico che accorre in questo luogo di meditazione
e preghiera per ritrovare la propria spiritualità e staccare con lo
stress quotidiano delle città.
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