Nell'atto respiratorio il segreto
della vita
di Amadio
Bianchi
La vita "Ordinaria" ha le sue regole. Definisco vita
"Ordinaria" quella "Manifesta" e caratterizzata dalla presenza di una
espressione fisico-materiale "insenziente" (Prakrti), una espressione non
fisico-materiale "senziente" (Purusa) e una forza che tiene unite
entrambe che chiamo "Ahankara".
Quando un essere vivente, infatti, lascia questo tipo di
esistenza (onestamente, non posso escludere che ne esistano altri tipi) la prova
di quanto dichiarato si palesa con evidente chiarezza.
Ogni volta che ho assistito ad un decesso, mi è sembrato fin
troppo chiaro che la dipartita della parte "senziente" può essere la causa della
disattivazione della componente fisico-materiale, ma, in quella circostanza,
come studioso, sono sempre immediatamente portato a chiedermi: quale la
possibile causa della cessata cooperazione delle due parti "senziente" e "non
senziente"? E, perchè, in questo caso, le due parti si slegano?
Quest'ultima domanda ha sempre rappresentato, per me,
l'implicita ammissione dell'esistenza della terza forza che ho chiamato "Ahamkara",
forza universale presente in tutto l'universo manifesto. Essa, sul piano
fisico-materiale, ad esempio sul nostro pianeta, risponde al nome di forza di
gravità mentre, sul piano non materiale, origina l'ego.
Non mi voglio dilungare in eccesso su queste appassionanti
antiche intuizioni dei Maestri indiani, anche perchè, il principale obbiettivo
di questo mio scritto, è di occuparsi delle specifiche forze attive nel corpo
umano, delle quali, l'atto respiratorio è chiara manifestazione.
Queste riflessioni sono principalmente servite a chiarire a
cosa intendo riferirmi quando parlo di "vita ordinaria", per quanto concerne la
respirazione, invece, essa si manifesta, come tutti sanno nelle sue tre forme:
inspirazione, astensione dalla respirazione ed espirazione.
Quando si nasce, o meglio, quando si inizia a gestire in
proprio l'esistenza, dopo il taglio del cordone ombelicale, la prima di queste
tre funzioni a manifestarsi è l'inspirazione. Naturalmente non per caso: sono
sempre stato istintivamente portato a non credere alla casualità ancor prima che
la sapienza indiana mi levasse ogni dubbio. In natura tutto sembra rispondere
alle leggi dell'esistenza e la manifestazione si presenta come una ordinata
azione (karma).
Mi sento di affermare, dunque, che, non per caso, la vita
inizia con un'inspirazione e termina con un'espirazione e può anche essere presa
in considerazione come un insieme di respiri: ogni giorno, come molti sanno,
respiriamo, a seconda del nostro stato e delle condizioni esterne, da 15.000 a
20.000 volte.
Gli adepti di alcune interessanti discipline orientali,
addirittura, ritengono che, all'atto della nascita, si verrebbe dotati di un
certo numero di respiri. Essi, infatti, tra l'altro, si esercitano normalmente a
promuovere ed utilizzare una respirazione più consapevole, più ampia e lenta
(che allungherebbe anche la vita). La consapevolezza poi, permetterebbe, di
cogliere il significato vitale e spirituale di tale atto e di ciascuna sua fase.
La meditazione praticata sul respiro ha portato anche me a
comprendere, ad esempio, che l'inspirazione è strettamente correlata alla forza
della sopravvivenza, la stessa che sostiene la vita nutrendola: inspirare,
infatti, è espressione dell'assimilare sia in senso fisico, sia psichico.
Tale energia, nel nostro essere, si assume la responsabilità
della sua struttura, della protezione (in relazione non solo alle difese
immunitarie ma anche ai muchi e alle sostanze lubrificanti).
Chiamata, dai praticanti della medicina indiana ayurvedica
"kapha", essa è in forte relazione con il senso del gusto, dell'odorato e il
senso del piacere "in generale". Le importanti funzioni dell'esistenza sono
strettamente correlate al senso del piacere: inspirare da piacere, così come
bere, mangiare, far l'amore. Attraverso la sessualità, infatti, la vita sostiene
se stessa, si riproduce ed estende.
Naturalmente, una vita sana, consegue dalla consapevolezza
che trasformandosi in conoscenza fa perseguire il giusto e non solo quello che
piace. L'attaccamento al piacere, ad esempio del bere, come tutti sanno, origina
dipendenza e trascina all'alcolismo. Ciò vale anche per tutti gli altri aspetti
del piacere.
L'inspirazione rappresenta, infine la forza che, a scopo di
sostentamento, trascina verso di noi la "vita" esterna, per affidarla alla
"trasformazione" che ha il compito di adattarla alle nostre necessità di
sopravvivenza.
Il prodotto dell'inspirazione, tramite il sangue, giunge alle
cellule dove, per ossidazione, viene reso adattabile e utile. Con il termine
"trasformazione" intendo riferirmi non solo a questo processo, ma a tutti quelli
che hanno il compito di digerire ciò che, proveniente dall'esterno (esempio
cibo, emozioni), una volta trasformato, va a far parte della personale esistenza
e costituzione.
Nella disciplina che pratico, tale processo, viene detta
"Pitta" il quale ha, nell'astensione dalla respirazione, una sua evidente
espressione.
Il compito di "trasformare" viene affidato all'elemento
fuoco, elemento principale di questo agente (Dosa), esso infatti, se
potessimo dare indicazione della percentuale di presenza, diremmo che è il 70%
del totale mentre l'acqua solo il 30%.
Per capire, dunque, come funzioniamo, basta pensare a quando
vediamo una bella mela: Kapha fornisce il desiderio di mangiarla, la prendiamo
ed iniziamo con piacere a masticarla, è ancora mela nella bocca, nell'esofago
ma, quando raggiunge lo stomaco, subisce quel processo di trasformazione, che
chiamiamo comunemente digestione, e nel giro di tre/quattro ore, una parte di
questa mela scorre nel nostro corpo sotto forma di plasma, divenendo parte
integrante di noi stessi.
Questo dal punto di vista scientifico (e non solo) è molto
interessante, soprattutto in rapporto al piano emozionale: il lettore non
dimentichi in nessun caso, come è nella tradizione di questa disciplina medica,
la costituzione psicosomatica del vivente.
Per un'ulteriore e più facile comprensione di quest'ultimo
aspetto, aggiungo, quando faccio lezione ai miei allievi, essi, ascoltano le mie
parole attraverso il senso dell'udito, ma è loro possibile comprendere e
metabolizzare ciò che viene detto, fino a farlo divenire parte integrante della
loro conoscenza, attraverso un tipo di Pitta situato nella testa chiamato
"Sadaka Pitta".
Tornando al processo di assimilazione della mela, ho
dichiarato che solo una porzione di essa, quella utile, va a far parte della
costituzione individuale iniziando a scorrere nel plasma, la parte riconosciuta
come inutile o dannosa, invece, prende la via dell'eliminazione.
Questo è uno dei compiti (il principale è quello del moto in
generale) della terza forza che andiamo a scoprire e che, nella nostra
disciplina, viene chiamata "Vata". L'eliminazione, come tutti sanno,
avviene attraverso l'espirazione, la sudorazione, l'urina, le feci ecc.
In conclusione mi auguro, attraverso queste poche righe, di
aver fatto comprendere ai miei lettori, che la salute dipende dalla gestione
democratica di queste tre forze. La presenza di "fanatismo" nei "Dosa"
(Kapha, Pitta, Vata) determinerebbe l’insorgere della malattia.
I "Dosa", se proposti utilizzando i termini della
moderna fisica, possono grossolanamente anche corrispondere all'inerzia (Kapha),
l'energia (Pitta) e il moto (Vata).
Nell'atto respiratorio essi si possono collegare anche
all'inspirazione, all'astensione dal respiro e all'espirazione.
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