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IL CASTRONE

E’ chiamato castrone il cavallo a cui sono tolte chirurgicamente le ghiandole sessuali, di conseguenza non ha più la possibilità di riprodursi.

Senza entrare in particolari scientifici specifici della veterinaria, cercherò di spiegare perché si fa questa operazione ad un cavallo. Sicuramente il castrone non ha gli stessi stimoli sessuali di un cavallo intero, diventa quindi più affidabile in passeggiata, ed anche in presenza di cavalle non darà segni d’insofferenza. Inoltre il loro trasporto ed alloggiamento risulta più facile, e le prestazioni in gara sono sicuramente più regolari. Ma è sempre così? Senz’altro il castrone ha meno stimoli, però alcuni soggetti alla presenza di una femmina possono manifestare lo stesso un interesse, o mantenere alcuni comportamenti aggressivi verso altri cavalli. Quando si presentano queste manifestazioni alcuni affermano che è stato castrato male, affermazione erronea. Solitamente la colpa è del testosterone in eccesso, prodotto dalle ghiandole dell’adrenalina, e specialmente se il soggetto che è stato castrato dopo che è stato usato come riproduttore, manterrà per oltre un anno il comportamento da stallone a prescindere della sua produzione ormonale.

Bisogna tenere presente che il cavallo diventa consapevole di appartenere al sesso maschile fin dalla nascita, è fin da quel momento gli ormoni raggiungono il cervello andando a stimolare l’indirizzamento sessuale dell’animale. Più tardi, durante la pubertà il testosterone raggiungendo il cervello del cavallo, rammenta nuovamente la sua appartenenza al sesso maschile. In seguito se il cavallo sarà castrato, le cellule del cervello, anche senza lo stimolo degli ormoni, indurranno al castrone comportamenti maschili. Solitamente i cavalli sono castrati verso i due-tre anni, per evitare un’eccessiva produzione di testosterone, e per non influenzare troppo lo sviluppo muscolare tipico dello stallone. L’affermazione che il puledro crescere di più se castrato dopo poche settimane di vita, è erronea, tende semplicemente ad avere accumuli di grasso maggiori tra i muscoli, dando al cavallo una fisionomia più tonda.

Non per questo l’animale è meno attivo nelle prestazioni atletiche. Anzi se messo a confronto di uno stallone iperattivo e pronto ad affermare il suo ruolo di capobranco, il suo atteggiamento risulta controproducente proprio durante le prestazioni agonistiche, che necessitano di concentrazione ed attenzione specifica, invece il castrone diventa più affidabile e costante in gara. Nelle gare su pista, e non perché siano più veloci o più resistenti, vengono usati cavalli interi, in questo caso prevale un discorso prettamente economico.

Il cavallo che vince gare, aumenta il suo valore e di conseguenza quando a fine carriera (di solito verso i 4/5 anni) verrà usato come riproduttore, i suoi compensi anche in tale attività saranno più che ottimi. Nel caso di una carriera mediocre verrà castrato per essere usato in altre attività più tranquillamente. Si evita di castrare anche soggetti morfologicamente perfetti e campioni della loro razza, che possono apportare migliorie ed rinsanguamenti.

Non dare la possibilità di riprodursi a soggetti simili sarebbe indubbiamente una vera mancanza per le generazioni future. Nel caso del cavallo usato per gare d’equitazione, anche se buon atleta, si opera alla castrazione solo nel caso in cui la sua concentrazione durante l’esibizione non sia soddisfacente, in questo caso si bada a prelevare il suo seme prima dell’operazione per assicurargli ed assicurasi ugualmente una discendenza che conservi pari o addirittura superiori requisiti. Se il cavallo non ha caratteristiche interessanti, la castrazione renderà la sua vita più sociale e potrà essere messo a contatto con altri cavalli. L’uomo gli si avvicinerà con meno timore, ed i loro cavalieri saranno più rilassati, godendo di minore isolamento come accade invece agli stalloni.


 

 

 

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