Articoli ed argomenti
di equitazione
Castrone Cavallo e Indiani Cavallo e Sport Cavallo in Oriente Cavallo Evoluzione Cavallo in America Cavallo il Nome Cavallo nella Storia Escola Portuguesa Giubileo dei Butteri Merca Merca Foto 1 Merca foto 2 Merca Foto 3 Monta Maremmana Padrone ed Amico Puledro Queluz Sbrancamento Sonno del Cavallo Staffe Tornei
|
Il
Cavallo nella storia
Nei
miei accenni storici riguardanti il cavallo, non mi voglio appropriare del
termine di “studioso” o “conoscitore” di questo animale, ma di un uomo
che ha grande passione, e cerca di documentarsi per curiosità e amore verso
l’equino più acclamato, ammirato e visto (ed anche così poco conosciuto) da
tutti.
Cercherò
quindi di trasmettere la mia passione a chi si avvicina alla disciplina
dell’equitazione, raccontandoci ciò di cui sono venuto a conoscenza, sia a
livello tecnico che storico.
Da
autodidatta, ma sempre con umiltà (come in tutte le cose anche nella mia branca
non si finisce mai di imparare), vorrei dirvi che se in alcuni passaggi da me
descritti (del contatto tra questo animale e l’uomo), possono sembrare
cruenti, vorrei precisare che se non fosse stato proprio per l’uomo, che ha
addomesticato questo animale già dal 3000 a.C., circa, il cavallo si sarebbe
probabilmente estinto, dato che alla fine dell’era glaciale, le foreste delle
zone temperate si espansero rapidamente riducendo notevolmente le pianure,
quindi i pascoli dove il cavallo viveva e si nutriva. L’uomo trovandolo utile
per l’aiuto che gli offriva per le sue attività, ne incrementò la
riproduzione.
Se
si nomina prateria, si associa mentalmente il continente americano, con cowboy e
i suoi cavalli, i coloni sui carri trainati da cavalli, indiani a cavallo,
mandrie di cavalli selvaggi.
Vorrei
ricordare che Cristoforo Colombo, quando scoprì questo continente le sue
escursioni interne, le avrebbe dovute fare a piedi, se non avesse caricato nelle
stive delle caravelle questi animali, di cui solo pochi, arrivarono a
destinazione (circa un ventina).
Viaggio
difficile per gli uomini, catastrofico per il cavallo legato, sospeso da terra
ad una imbrigliatura simile ad un’amaca che lo sosteneva. Mal di mare e sete,
alla fine solo i più forti riuscirono a sopravvivere, e non era finita; ai
superstiti, dopo una lunga inattività, li aspettava una nuotata per raggiungere
la riva, visto che le navi non si potevano accostare.
Gli
spagnoli capirono subito che senza questi animali avevano poche possibilità di
conquistare il territorio americano, quindi cercarono di incrementare da subito
l’allevamento, esportando stalloni e fattrici dagli allevamenti reali, fino a
costringere Carlo V nel 1520 a vietarne il prelevamento.
Alcuni
cavalli riuscirono a fuggire, nonostante la rigida sorveglianza degli allevatori
(dato l’alto valore economico che avevano), ma data la facilità di
riproduzione, anche senza l’aiuto umano, non essendoci predatori, gli
allevatori decisero di lasciarli liberi.
Divennero
animali selvaggi, e la difficoltà di catturarli è perfino citata da uno
scrittore dell’epoca, che ci descrive i vari passaggi della cattura,
l’inizio della costruzione dei recinti, gli itinerari
percorsi dal cavallo per andare ad abbeverarsi. Infine gli avvistamenti
da parte degli allevatori e la scelta dei puledri e delle giumente; il sistema
di spingerli dentro le costruzioni dei recinti, senza possibilità di fuga.
Infine presi a laccio e tenuti legati per tre o quattro giorni, finché esausti
ed affamati, più docili, si tentava di mettergli la sella e il morso, quindi si
montavano, accompagnati a cavezza da un altro cavaliere, fino a domarli e
renderli pronti per l’addestramento.
In
seguito immaginatevi quanto possono essere stati utili i cavalli agli Spagnoli
che presero contatto con gli indigeni del posto (i cosiddetti "Indiani").
Francesco Tola
|