Ciao Piaggio
Alla soglia dei trent’anni e anche oltre,
chi di noi non ha almeno una volta “cavalcato” o posseduto un
leggendario ciclomotore Piaggio
modello “Ciao”?
Tale mezzo fu realizzato e immesso sul
mercato dalla ditta Piaggio dal 1967 al 2006.
Uno dei ciclomotori più popolari del
panorama italiano fin dai suoi esordi ha dato sempre l’impressione di
essere un motorino dalla meccanica per niente complessa; infatti le sue
prestazioni erano dovute ad un motore da 49,3 cc a due tempi che aveva
bisogno di miscela benzina/olio al 2% per funzionare. L’accensione del
mezzo avveniva agendo sui pedali in metallo ricoperti di plastica e
durante i primi decenni della sua esistenza, si poteva portare all'età
di quattordici anni senza bisogno di alcuna patente.
Il telaio del motorino ricordava molto le
biciclette da donna e si presentava in maniera sobria; esso risultava
costituito da lamiera d'acciaio e al suo interno conteneva anche il
serbatoio dalla capacità di circa 2,8 litri.
Altre sue caratteristiche della meccanica
erano l’impianto frenante a tamburo e la trasmissione automatica che
contribuirono a decretare il suo successo in poco tempo, paragonabile a
quello ottenuto dalla Vespa, altro prodotto della casa Piaggio.
L’idea di realizzazione del “Ciao” si
basava su concetti semplicistici e sul risparmio nei costi di
produzione; i sobri progetti della meccanica attuati per fabbricare il
mezzo potevano essere rappresentati concretamente
dall'impianto delle sospensioni.
Tale impianto non era addirittura
presente nel settore posteriore del ciclomotore e la comoda
ammortizzazione per il conducente del mezzo era assicurata dalle molle
poste sotto il sellino.
L’ 11 Ottobre 1967 il “Ciao” fu immesso
sul mercato e per acquistarlo erano sufficienti, secondo i prezzi di
listino, circa 55.000 lire.
Molti elementi giocavano a favore di tale
ciclomotore, come l’esiguo consumo del carburante, la manutenzione non
molto complessa e il peso ridottissimo.
L’enorme successo riscosso da tale
ciclomotore indusse molte aziende del settore a realizzare accessori per
il “Ciao”; tra queste vanno ricordate Giannelli, Malossi, Simonini
Polini e Pinasco.
La popolarità di questo ciclomotore
valicò i confini italiani, approdando in Germania dove vi erano in
commercio due modelli; uno di questi, il “Mofa”, raggiungeva i 25
chilometri orari rispetto ai 40 chilometri orari consentiti dal Codice
della strada italiano vigente a quei tempi .
Circa 3 milioni di modelli sono stati
venduti nei 40 anni in cui il “Ciao” è rimasto sul mercato e il suo
caratteristico design è rimasto invariato durante questo arco di tempo.
L’estetica non ha subito mutamenti mentre
la meccanica, negli anni, ha registrato un miglioramento del variatore
automatico di velocità, del miscelatore collegato all’albero motore e
del propulsore.
I consumi ridottissimi (un pieno
permetteva di percorrere circa 140 chilometri con un rapporto di
50 chilometri a litro) erano una delle
principali cause del boom delle sue vendite.
Ulteriori elementi che sancirono il
successo di tale ciclomotore furono il possibile utilizzo del mezzo
anche come bicicletta, il portapacchi posteriore, l'antifurto di tipo
bloccasterzo e il gancio portaborsa.
Il tappo per il serbatoio apribile con
una chiave, il portapacchi anteriore, le borse laterali, il parabrezza e
lo specchietto destro erano gli accessori che si potevano trovare in
commercio all’epoca per arricchire il proprio ciclomotore “Ciao”.
Tale è stato il successo di tale motorino
da indurre Giancarlo Catarsi, in collaborazione con l’azienda Piaggio, a
creare un registro storico per omaggiare il “Ciao”.
I centauri di quel periodo, sostenitori
delle due ruote, amavano ironicamente definire le automobili con il
termine “Sardomobile” appunto per porre in risalto l’ostruzione
costituita da lamiere d’acciaio presenti nelle automobili al contrario
della libertà rappresentata da un veicolo a due ruote.
Il vocabolo “Sardomobile” fu coniato da
un “insistente” spot della Piaggio che riportava tale frase ad effetto
"Le sardomobili hanno cieli di latta.
Liberi chi Ciao".
Tale terminologia incontrò apprezzamenti
favorevoli da parte dei molti motociclisti che si erano diffusi in
quegli anni e il vocabolo rimase in voga fino agli anni ottanta; infatti
da tale periodo in poi le aziende automobilistiche incominciarono a
dotare le proprie vetture di linee e design più morbidi e meno
riconducibili a “scatole di sardine”.
Come dalla costola di Adamo il Signore
fece nascere Eva, anche dal Ciao si presero spunti per fabbricare cinque
modelli, migliorati in prestazioni ed estetica.
Tali nuovi figli “partoriti” dal “Ciao”
furono:
Piaggio Boxer (prodotto dal 1969 al
1983).
Piaggio Si ( equipaggiato di forcelle
telescopiche accoppiate a un sistema ammortizzatore sottosella, che
veniva considerato la versione più moderna del Boxer, prodotto dal 1979
al 2001).
Piaggio Bravo (dotato di doppio
ammortizzatore posteriore, prodotto dal 1973 al 2001).
Piaggio Boss (prodotto dal 1988 al
1989 ed equipaggiato con molti nuovi accessori).
Piaggio Grillo (prodotto dal 1989 al
1996).
La Piaggio nel 2001 interruppe la
produzione di tutta la famiglia ad eccezione del “Ciao”, venduto nella
versione provvista di catalizzatore fino al 2006.
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