MITI E LEGGENDE DEL MARE
L’OLANDESE
VOLANTE
Nelle taverne
dei porti, nelle quali la gente di mare, imbarcata sulle navi alla fonda,
trascorreva buona parte del tempo libero dai servizi di bordo bevendo
birra e rhum, nella seconda metà del XVI secolo, cominciarono a circolare,
dapprima sottovoce e poi sempre più apertamente, le vicende di un comandante
olandese, Barent Fokke, noto per la sua temerarietà e per lo sprezzo
di ogni pericolo, della sua nave, la Libera Nos, e dell’estrema
velocità delle sue traversate (in soli tre mesi era riuscito a compiere
la traversata Batavia - l’odierna Djakarta – Amsterdam, quando le altre
navi impiegavano il doppio del tempo).
I marinai
giuravano che Fokke si era accordato col diavolo per avere una navigazione
velocissima e, seguendo le indicazioni del demonio, aveva imposto all’equipaggio
di rinforzare l’alberatura con supporti di ferro in modo da poter sostenere
una maggiore quantità di vele; così, durante le tempeste, mentre sulle
altre navi gli equipaggi riducevano la velatura per preservare gli alberi
da possibili danni e riducevano la velocità, la Libera Nos poteva
procedere a vele spiegate superando facilmente tutti i concorrenti.
Un giorno
maledetto, però, al largo del terribile Capo di Buona Speranza, la
Libera Nos era incappata in una burrasca eccezionale, quale non
si era mai vista in tanti anni di navigazione.
Il vento
strappava vele e sartie dall’alberatura e i cavi dal ponte, le parti
superiori degli alberi si schiantavano, cadendo in coperta con i loro
pennoni, il ponte era spazzato da ondate gigantesche, il livello dell’acqua
nella stiva saliva sempre di più e la nave rollava fino quasi a toccare
con i pennoni la superficie del mare squassato dai marosi, minacciando
ad ogni momento di inabissarsi.
I marinai
della Libera Nos avevano un autentico terrore del loro Comandante,
ma la paura che incuteva la furia scatenata degli elementi fu più forte
e li rese arditi, tanto che un gruppo di loro lo affrontò e gli chiese
di desistere da quella sfida al mare in tempesta, di tornare indietro
o, almeno, di mettere la nave alla cappa, mantenendo solo la velatura
necessaria per poterla governare; per tutta risposta Fokke, ridendo,
ordinò di alzare altre vele perché sarebbe andato comunque avanti, a
dispetto di tutti, anche di Dio e dei Santi.
Sicuro del
fatto suo, comodamente sdraiato nella propria cabina, beveva, fumava
e, ridendo trivialmente, si beffava della furia del mare e del terrore
dei suoi marinai.
Quando, investita
da un colpo di vento più forte degli altri, la nave sembrò fare scuffia,
un marinaio tornò nuovamente ad insistere con il Comandante perché ordinasse
di mettere la nave alla cappa; per tutta risposta Fokke, furibondo,
lo afferrò per la cintola e lo scaraventò in mare.
Fu in quel
momento che, improvvisamente, la coltre di nuvole nere si squarciò e
un raggio di luce depositò sul ponte di coperta un grande vecchio dalla
barba bianca.
Era il Padreterno?
O il Santo protettore dei marinai? Oppure si trattava del terribile
spettro Adamanstor il quale, con la sua sagoma gigantesca, sedeva sulla
Table Bay, la tipica montagna piatta del Capo di Buona Speranza, e faceva
insorgere le celebri tempeste per far affondare le navi e per impadronirsi
delle anime dei marinai? (la mitologia rappresenta Adamanstor come un
gigante deforme, un titano che incuteva terrore ai naviganti; tormentato
da un amore infelice per Tetide – la madre di Achille, fu trasformato
in roccia nella punta australe dell’Africa).
L’apparizione,
chiunque essa fosse, rimproverò aspramente, per la sua presunzione,
Fokke e gli intimò di tornare indietro.
Inviperito
per l’affronto portatogli dal vecchio, che aveva avuto l’ardire di dirgli
ciò che doveva fare, dopo avergli inutilmente ordinato di andarsene,
Fokke impugnò la pistola, la puntò contro l’apparizione e premette il
grilletto, ma il colpo tornò indietro ferendolo alla mano.
Sempre più
infuriato e ormai privo di ogni controllo, si slanciò allora bestemmiando
contro il vecchio tentando di colpirlo con un pugno, ma il braccio gli
ricadde inerte lungo il corpo, paralizzato.
Fu allora
che il grande vecchio, fissandolo con fermezza, lo maledisse e lo condannò
a navigare in eterno, senza riposo e senza mai toccare un porto, con
compagni soltanto la burrasca, il freddo, la nebbia e il vento. Gli
disse anche che se avesse cercato di dormire, una spada sarebbe entrata
nel suo fianco e che, dato che gli piaceva tormentare i marinai, sarebbe,
da quel momento, diventato il demonio del mare, e la sola visione della
sua nave avrebbe portato disgrazia e morte, e che quando il mondo sarebbe
finito, Satana gli avrebbe riservato una caldaia rovente.
Dopo averlo
così maledetto, il vecchio risalì sulla nuvola seguito da tutto l’equipaggio,
che in questo modo riuscì a salvarsi dalla tempesta, mentre l’olandese
rimase solo sul ponte della sua nave dannata, furibondo, a bestemmiare,
mentre da un portello compariva un’orribile figura dalle corna di fuoco.
Da allora,
la semplice apparizione del Vascello fantasma dell’Olandese volante,
porta disgrazia a chi lo incontra.
Esso cambia
continuamente aspetto e velatura per non farsi riconoscere e l’unico
modo di salvarsi consiste nel pregare la divinità e nell’abbracciare
la Polena, quella scultura di legno sul tagliamare che rappresenta l’anima
della nave, fino alla sparizione del vascello fantasma.
Capita talvolta
che l’Olandese Volante mandi delle lettere a bordo delle navi che incontra
per mezzo di un marinaio dall’aspetto diabolico, alla voga di un’imbarcazione
rossa: guai a prenderle e, soprattutto, a leggerle. Il comandante impazzisce
e la nave si mette a rollare in modo sempre più frenetico sino a fare
scuffia e affondare.
Il Vascello
fantasma è proprio l’inferno di tutti i marinai; miscredenti, traditori,
pirati, assassini, vigliacchi e persino i pigri ne costituiscono l’equipaggio,
affollando i suoi ponti e lavorando incessantemente agli ordini del
comandante maledetto (ma questa, forse, è un’aggiunta di qualche scaltro
comandante che cerca di sfruttare la superstizione e la paura dei suoi
uomini per farli lavorare di più).
C’è gente
che giura che il fantasma della Libera Nos sia stato visto svariate
volte nel corso dei secoli, governato da un equipaggio di scheletri
(simbolo della morte), mentre il comandante, scheletro anch’esso, sorregge
una grande clessidra con la quale tiene il conto dei secoli che passano.
Gli avvistamenti
sarebbero avvenuti principalmente nelle acque del Capo di Buona Speranza,
ma non mancano testimonianze di marinai che assicurano di averlo incontrato
anche in altre parti del globo.
Ogni apparizione
del Vascello fantasma dell’Olandese Volante si è accompagnata ad eventi
tragici per le navi e gli equipaggi coinvolti.
Si racconta
della nave a vela americana Generale Grant che, intorno al 1865,
durante un viaggio dall’Australia a Londra, dopo aver avvistato la nave
fantasma, fu trascinata dalle correnti all’interno di una grande caverna
di un’isola del Pacifico dove fece naufragio; l’ingente carico d’oro
che trasportava spinse, nel tempo, molti avventurieri a tentarne il
recupero (l’ultimo tentativo risale al 1960), ma tutti ebbero esiti
tragici per le navi e per gli equipaggi.
Persino quattro
navi da guerra britanniche testimoniarono di aver incontrato il Vascello
fantasma durante un’esercitazione nelle acque dell’Atlantico meridionale,
avvenuta nel 1881; le conseguenze tragiche avvennero ai danni del comandante
dell’ammiraglia e del marinaio della nave che per primo lo avvistò;
infatti, entrambi trovarono immediatamente dopo la morte, l’uno ammalandosi
gravemente e l’altro precipitando da un pennone.
Gli ultimi
avvistamenti, dei quali si hanno notizie, risalgono al periodo della
seconda guerra mondiale ed avvennero per opera degli equipaggi di alcuni
U-bootes tedeschi che, secondo il racconto dell’Ammiraglio Doenitz,
asserirono di aver avvistato il Vascello fantasma durante i loro appostamenti
e dichiararono che era meno pericoloso combattere contro le navi inglesi
nel Mare del Nord piuttosto che correre il rischio di incontrare ancora
il Vascello fantasma nelle acque ad est di Suez.
Il fascino
della inquietante leggenda ispirò anche Richard Wagner, che ne trasse
una delle sue più originali opere. Wagner preferì dare al racconto una
conclusione felice con la distruzione del Vascello e con l’Olandese
che, pentito, veniva accolto in Paradiso.
La gente
di mare, però, non ha mai accettato la conclusione wagneriana; la leggenda
doveva conservare la sua nuda e raccapricciante bellezza primitiva:
non poteva esserci possibilità di perdono e l’Olandese Volante doveva
continuare a vagare tra i mari tempestosi; i fulmini continueranno a
colpire i suoi alberi senza distruggerli, gli uragani non riusciranno
a lacerare le sue vele, le ondate più potenti non potranno aprire falle
nel suo scafo e, nelle notti buie, alla sinistra luce dei lampi, la
nave dalle vele di un colore rosso sangue apparirà a naviganti terrorizzati
mentre, ritto sulla poppa, chi scorgerà lo scheletro del comandante
Fokke, l’Olandese Volante, armato di una falce minacciosa, saprà che
è arrivato il momento di chiudere con la vita.
Sandro Bianchi
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