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ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE
Aceto d’antica tradizione, legato
alla nostra storia gastronomica. La certezza d’inizio di produzione di quest’aromatico
aceto si ha intorno all’anno 1000, anche se si suppone che le sue origini
siano molto più antiche.
Fa la sua apparizione solo su tavole di re, principi,
e ricche famiglie a causa della produzione limitata dovuta agli alti costi di
manifattura, ed ai lunghi tempi di stagionatura che lo rendono particolarmente
aromatico e ricco di virtù. Alimento che in antico era considerato un bene
prezioso, veniva nominato nei lasciti testamentari, menzionato nelle cronache
del tempo come dono estremamente gradito. La prima testimonianza della
sua esistenza risale al poema Vita Mathildis, scritto dal Monaco Donizone tra il
1112 e 1115. E’ il 1046 quando Enrico III di Franconia scende in Italia per
giungere a Roma, dove verrà incoronato Imperatore di Germania. In quella
occasione Enrico III invia al Marchese di Toscana Bonifacio, padre di Matilde di
Canossa, preziosi doni in cambio di questo famoso aceto, dal quale rimane
affascinato.
Presente su tavole di ricche famiglie nella zona
che va da Modena a Reggio Emilia, viene considerato un toccasana per tutto,
usato sia come medicinale sia come cordiale.
Per produrre solo 2 litri Di questo
"Elisir" basti pensare che ci vogliono inizialmente 100 chili d’uva
e 12 anni d’invecchiamento, ma procediamo con ordine. Come si è già detto
inizialmente dai 100 chili d’uva dovremmo ricavare 70 liti di mosto e produrre
infine 25 chili di mosto cotto. La stagionatura avviene in 5 botti tutte di
dimensioni decrescenti che vanno dai 50 litri ai 10 litri e di legni differenti
dal ciliegio al gelso.
Il prelievo finale avviene dopo 12 anni e solo dalla
botte più piccola, quando il procedimento iniziale è terminato con il rimbocco
dei vari barili. Vi è da considerare anche la diminuzione del prodotto dovuta
all’evaporazione di un 10% delle varie botti. Visti i tempi di maturazione, la
produzione è ovviamente limitata, ma ne è privilegiata la qualità. Quindi si
può comprendere l’elevato prezzo che questo prodotto ha al termine della sua
lavorazione, non essendo un semplice vino andato a male. Bisogna precisare però
che si trovano sul mercato aceti con la denominazione Aceto balsamico di Modena
economicamente più accessibili ma che non hanno nulla da spartire con il vero
Aceto balsamico tradizionale di Modena e Reggio Emilia, questa è la
trascrizione esatta che deve avere sull’etichetta il prodotto lavorato
tradizionalmente. I primi non hanno l’obbligo di lavorazioni artigianali ed
invecchiamento predefinito come nel secondo caso quindi anche l’aroma è ben
diverso da quello originale. In cucina usare l’aceto balsamico è come
aggiungere quel tocco in più che hanno solo i grandi cuochi. Una sola goccia
del suo aroma aggiunta ad insalate, carne, e persino frutta e quel tocco d’originalità
e gustosità uniche nel suo genere. Va sottolineato che prima dell’uso per
definire meglio il cibo cui deve essere aggiunto va assaggiato, perché nel
tempo tende a perdere l’acidità aumentando la sensazione dolce.
Note sull'Aceto Balsamico
Tradizionale di Reggio Emilia
L’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia dal 2000 si avvale della
DOP, Denominazione di Origine Protetta.
Viene ottenuto solo da mosto cotto a fuoco diretto, proveniente dalla pigiatura
delle uve prodotte nella provincia di Reggio Emilia. Riposa per almeno 12 anni
in batterie di botticelle di rovere, castagno, gelso, ciliegio, frassino e
ginepro, ognuna delle quali dona un particolare aroma.
A Reggio Emilia l’Aceto balsamico Tradizionale è presente in tre tipologie:
etichetta aragosta, invecchiato per 12 anni, etichetta argento, di 5 o 7 anni
più vecchio e, infine, etichetta oro, di oltre 25 anni.
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