CUCINA NAPOLETANA
Parlare
di cucina napoletana, oggi, in un contesto culturale che mescola
gusti e sapori in un’incredibile varietà di sfumature che sfuggono
alla precisa caratterizzazione geografica, sembra quasi un magnifico
salto nel patrimonio culinario e culturale dell’Italia.
Perché
questo è la cucina napoletana: uno prezioso scrigno che conserva
ancora tesori del gusto che rinnovano la loro bellezza ad ogni
assaggio, ad ogni rituale rapporto con il cibo.
Ad un
visitatore che si trova tra i vicoli di Napoli o di un qualunque
quartiere, non sfugge certo quel particolare rapporto con il cibo
che si ha in tutto il meridione d’Italia: la gioia di assaporare il
gusto di qualcosa fuori dal tempo, che lega tutti i sensi nello
stesso momento, oggi come sempre.
Il
perfetto equilibrio che lega alimenti semplici e gusti complessi
rinnova nel rito del mangiare quella sacralità del cibo che molte
culture conservano nel loro patrimonio.
Capitale
di un importantissimo regno, Napoli ha assorbito nel tempo le
tradizioni culinarie di tutta la Campania, ma anche quelle dei
dominatori francesi e spagnoli, combinandole con la cucina
aristocratica e quella povera della tradizione contadina.
Il
risultato di questi incontri ha portato il medico americano Angel
Keys, nella seconda metà del secolo scorso, a trovare proprio nella
dieta “povera” dell’Italia meridionale alcuni principi della
corretta alimentazione, quelli che noi tutti possiamo ora ritrovare
nella dieta mediterranea (le ricerche di Keys sono state condotte
proprio in Campania, in particolare tra la popolazione del Cilento).
Si
farebbe un torto se non si riconoscesse all’estro dei napoletani
quel tocco in più che esalta il gusto di molti piatti tipici; basti
pensare che la ricetta del noto ragù napoletano,
felice connubio di pomodoro, cipolle, basilico, vino e carne di
diverso tipo, il tutto cotto per ore, varia nella stessa città di
Napoli di quartiere in quartiere.
Certamente possiamo trovare in molti ingredienti alcuni capisaldi
della tradizione culinaria napoletana. L’olio
extra vergine d’oliva, ad esempio, è un ingrediente
fondamentale per esaltare molti piatti preparati con cura
artigianale, come la pizza napoletana, prodotto
tradizionale riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole
Alimentari e Forestali.
Un altro
protagonista è certamente il pomodoro, sia il noto San
Marzano che i pomodorini del Vesuvio, preziosi alleati che esaltano
ragù (dal francese ragout, termine con il quale si indica una
cottura lunga “in umido” di carne o altro), pizza ed altre
preparazioni.
Nel 1700,
Gragnano, noto comune del napoletano, diventa uno dei più importanti
centri italiani per la produzione di pasta di semola di grano
duro; qui i maccaroni, nome con cui si era soliti
indicare diversi formati di pasta, vengono prodotti con nuovi
macchinari industriali ed esportati in tutto il mondo. Oggi come
allora, la pasta di semola di grano duro di Gragnano, trafilata al
bronzo e realizzata con metodi antichi, si presta a numerose ricette
tipiche napoletane, dai paccheri al ragù napoletano alla pasta e
fagioli con le cozze, dagli scialatielli alla pescatora ai
vermicelli alla vesuviana.
Se
fossimo alla tavola di un ospite napoletano, avremmo poco potere nel
decidere di fermarci solo alla degustazione del primo; l’ospitalità
a Napoli, così come in molti luoghi del meridione italiano, è sacra.
Perciò ancora qualche sacrificio e gustiamoci le polpette al sugo,
la parmigiana di melanzane, il coniglio all’ischitana,
le salsicce al pomodoro, le seppie ripiene alla pescatora, il tutto
accompagnato con melanzane a funghetto, caponata di pomodori,
peperoncini verdi fritti o friarelli.
Possiamo
concederci un po’ di libertà nella degustazione dei vini, scegliendo
tra i rossi Lacrima Cristi del Vesuvio, Aglianico e
Taurasi,
o tra i bianchi Greco di Tufo, Fiano d’Avellino o Falanghina.
Dopo i
tipici dolci della tradizione napoletana,
babà,
pastiera e sfogliatelle, arriva il meritato sollievo con un ottimo
caffè,
sia quello preparato in casa con la tipica caffettiera napoletana
che quello da bar preparato secondo una modalità unica, e con un
ottimo bicchierino di limoncello.
Chi
decide di visitare la città ed immergersi nei caratteristici vicoli
del centro storico può deliziarsi con i succulenti prodotti di
friggitoria, dalle pastecresciute alla pizza fritta,
dai crocchè di patate alle melanzane fritte, oppure deliziarsi con
la zuppa ‘e carnacotta preparata nelle botteghe dei carnacuttari.
Un posto
a parte, in un’ipotetica classifica dei migliori prodotti della
tradizione culinaria napoletana, spetta di sicuro alla
mozzarella di bufala campana che, come recita il
disciplinare, è prodotta esclusivamente con latte di bufala, a
differenza di altri prodotti simili che contengono una percentuale
di latte di mucca (mozzarella di bufala” e “mozzarella con latte di
bufala”).
Nella
stessa classifica andrebbero inoltre aggiunti gli spaghetti alle
vongole ed il capitone fritto, piatti tipici della vigilia di
Natale, zucchini alla scapece, le alici dorate e fritte, il
sartù di
riso, la frittata di maccheroni, i cicenielli (bianchetti)
in pastella.
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