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Correre nel verde

Luoghi da visitare in Italia


 


Albugnano

Paese in provincia di Asti, è considerato per la sua altitudine (m 553.75 s.l.m.) "il balcone del Monferrato" , dal quale è possibile ammirare un panorama stupendo comprendente le città di Mondovì, Pinerolo, Ivrea, Vercelli, Novara ed Asti. Il suo territorio è in parte boscoso e in parte coltivato a vigneti che producono vino eccellente grazie al terreno tufaceo e ferroso, ma il vero tesoro di Albugnano è la presenza di svariati reperti archeologici che ne testimoniano la fondazione già ai tempi della dominazione romana. Albugnano, in latino Albugnianum ha preso il nome da un romano, Albonius, che aveva qui la sua villa. Fu feudo dei canonici di Vezzolano, la cui signoria su Albugnano durò fino al 1800, anno in cui l'ente venne soppresso dal governo napoleonico.

Lo stemma del paese, scudo rosso gigliato oro, è visibile nel trittico sull'altare di Vezzolano, accanto alla statua di Carlo VIII di Francia. Lo scudo rosso era l'arma dei Monferrato (ramo paleologo), protettori di Vezzolano. I tre gigli dorati furono concessi da Carlo VIII nella visita del 1495 quale riconoscimento per l'ospitalità ricevuta.

Si racconta infatti, che nel suo viaggio in Italia nel 1494 Carlo VIII fu accolto a Torino, Chieri ed Asti dove si fermò alcuni mesi per malattia, poi proseguì per Pavia. Carlo VIII ritornò a Chieri nel 1495, ospite del Solaro. Secondo la tradizione, in questa occasione visitò Vezzolano e concesse i tre gigli dorati nello scudo, in segno di riconoscimento per l'ospitalità ricevuta e per le cure del canonico-cerusico-erborista di Vezzolano che l'aveva guarito durante il precedente soggiorno ad Asti.

Sovrasta il centro abitato il piazzale della Torre, oggi Belvedere Motta. Così chiamato per la presenza di una torre che apparteneva all'antico castello, espugnato nel 1401 dai mercenari guasconi, al servizio del Principe d'Acaia; la torre rimasta fu demolita nel 1861. Su questo piazzale si possono ancora vedere i resti del celebre e plurisecolare olmo del ciabattino (oggi, vittima della graziosi), caro a Don Bosco.

Ma Albugnano è famoso anche per la ricchissima produzione di leggende che si sono tramandate nei secoli, molte delle quali riguardanti gli aspetti culinari del territorio. Una nota colorita che rende, se possibile, ancor più caratteristico questo piccolo luogo incantato. La più originale di queste antiche leggende riguarda il piatto invernale principe della cucina monferrina, la celebrata salsa bollente da gustare con verdure crude che va sotto il nome di "bagna cauda". Sulla nascita popolare della salsa, inventata mettendo insieme i gusti più perentori della mensa contadina (aglio, olio, acciughe) con cui insaporire le modeste verdure dell'orto innevato (cardi, finocchi, sedani, barbabietole ed altro), si può essere tutti d'accordo, riconoscendo alla fantasia del popolo e alla sua arte di arrangiarsi la genesi di questo piatto umilissimo e fragrante.

Ma, a Vezzolano, circola voce che la bagna cauda, preparata anzichè con l'aglio con il peperoncino piccante selvatico, sia stata servita niente meno che a Carlo VIII di Francia, intorno al 1495, diventando, di fatto "la bagna cauda di Albugnano". A quell'epoca, il sovrano fu ospite dei Solaro di Moncucco ed è propabile che fosse ricevuto a tavola anche dai canonici di Santa Maria. Tanto più che, si dice, del re di Francia, infermo per vaiolo o per sifilide, pare si interessasse il canonico-cerusico-erborista dell'abbazia, fino a guarirlo. Con che erbe? C'è chi azzarda con una taumaturgica "bagna cauda". Sta di fatto che proprio a quegli anni risale la presenza, nel trittico sopra l'altare, dello stemma di Albugnano, scudo rosso gigliato oro, accanto alla figura che viene interpretata come quella di Carlo VIII. L'ipotesi ingegnosa è che il re, riconoscente, abbia concesso lo stemma ad Albugnano e che Albugnano, a sua volta riconoscente, lo abbia fatto immortalato nella celebre abbazia. La bagna cauda di Vezzolano infatti, è chiamata anche "bagna cauda dell'amicizia", come dire che, al vino buono era più agevole diventare amici, persino tra re e monaci.


 

 

 

 
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