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TONNO E DINTORNI: quando la realtà incontra la tradizione

Convegno Scientifico Internazionale "Tonno rosso mediterraneo (Thunnus thynnus)":  gestione della risorsa ed allevamento

Studio storico-ambientale del Prof.  FRANCESCO TORRE

 Docente di Geomorfologia, Preistoria e Paleoecologia

Università di Bologna

Oggi ho lo sgradito compito di parlare in pochi minuti di un territorio, quello di Castellammare, che dal punto di vista geologico, archeologico, naturalistico, ambientale e storico-culturale è senza dubbio tra i più importanti e interessanti d'Europa.

I suoi massicci calcarei del Mesozoico, circa 130 milioni di anni, si ergono sul golfo come giganti a salvaguardia di un bene prezioso. Le sue rocce ricche di fossili ci raccontano la storia dì questi animali vissuti centinaia di milioni di anni nelle profonde acque del mare.

Le ricche falesie dello Zingaro e il suo ambiente incontaminato da milioni di anni ci dicono invece che la storia della natura e dell'ambiente in questo territorio è stata sempre meravigliosa.

E' nel Grande scenario della geografia pleistocenica che si svolge l'ultimo atto del mondo biologico, quello che riguarda l'insediamento dell'uomo in mezzo agli altri ordini di mammiferi ed è in questo scenario fantastico del Neolitico che il tonno s'insedia come l'animale più utile all'uomo per la grande fonte di cibo che riesce a dare, ma anche per il grande valore storico-culturale-religioso che l'uomo dedica a questo essere cacciato e nello stesso tempo amato e rispettato.

Da una pesca del tonno, nel periodo Neolitico, con ami fatti di ossa di cervo, si è passati ad una pesca intensiva all'inizio dell'età del ferro con i Fenici, sino ai nostri giorni con l'allevamento intensivo dei tonni. Il tutto sempre intriso di una religiosità popolare di grande spessore culturale, quasi direi di sacralità.

Lo studio del tonno e del suo passato fa emergere una verità storica che è quasi predominante rispetto a tutti gli altri animali che accompagnarono l'uomo sapiens alla fine dell'ultima glaciazione wurmiana. Il tonno è compagno nell'evoluzione culturale ed economica delle nostre genti da 10.000 anni ad oggi.

Nella Grotta dell'Uzzo nella meravigliosa Riserva dello Zingaro ritroviamo tracce di una pesca antica, quasi magica, specialmente per quel tempo, quando non esistevano ancora barche e la pesca si faceva dagli scogli. Ebbene questi nostri antenati, di cui abbiamo ritrovato i resti all'interno della grotta, 12 sepolture intatte, risalenti a 12 mila anni fa, usavano già ami per la pesca.

Ami di osso di cervo ricurvi per non perdere il pesce quando mangiava di lato. Tutti sappiamo che questi tipi di ami per la nostra civiltà furono inventati dai giapponesi negli anni cinquanta. Loro, gli abitanti dello Zingaro, li avevano inventati migliaia di anni prima. Negli scavi eseguiti alla Zingaro la cosa che ha più colpito è stato il ritrovamento di resti di grossi pesci.

l resti di pesci sono frequenti e stanno a dimostrare che un'attività di pesca economicamente importante , in base alla datazione al C14, sembra iniziare intorno alla metà del VII millennio a.C., cioè 9 mila anni fa. Le specie di pesci finora riconosciute nei vari livelli sono: il dentice, !'orata, la murena, la cernia di scoglio chiara e quella nera. 1 resti ritrovati appartengono tutti a esemplari di grandi dimensioni.

E' facile pensare che anche il tonno veniva pescato in queste acque calde, e questo è dimostrato dalle pitture neolitiche che si sano rinvenute nella Grotta di Levanzo. Gli artisti preistorici in genere dipingevano sulla roccia gli animali che cacciavano. Quindi anche nel Golfo di Castellammare ben 9 mila anni fa si pescava il tonno. Come mai non ritroviamo resti di tonno nella Grotta dell'Uzzo? La spiegazione è motto semplice. I tonni pescati erano sicuramente motto grandi e non si può pensare che venissero trasportati in grotta a 60 metri di altezza, quindi bisogna credere che il tonno venisse tagliato appena pescato vicino la riva e i resti gettati in mare. Anche nella Grotta di Levanzo non sono mai stati trovati tracce di resti di tonno pur esistendo le immagini dei tonno sulle pareti. Il motivo è lo stesso.

Bisogna arrivare ai Cartaginesi per ritrovare il culto della pesca del tonno, e certamente Castellammare porto degli Elimi di Segesta, alleati dei Punici, avrà visto sbarcare il tonno del

Mediterraneo, se non vogliamo pensare che già in quel periodo, in queste zone, così come nelle isole Egadi, ci fossero delle primordiali tonnare. Questo può essere dato dal fatto che in siti preistorici si .sono susseguite popolazioni che hanno trovato un habitat ideale per la loro sopravvivenza.

Castellammare e lo Zingaro sono uno dei pochi esempi al mondo dove popolazioni diverse, dal periodo paleolitico, 12 mila anni a.C., sino ad oggi, si sono susseguite nello stesso territorio e con la stesso ambiente naturale,

Allo Zingaro lungo !e sue coste ritroviamo una nicchia ecologica intatta simile a quella esistente nel periodo preistorico. L'esame palinologico dei pollini fossili ci indicano le stesse piante e lo stesso clima.

Ecco perché qui oggi, c perché in questo ambiente incontaminato da millenni. Per amare questo territorio basterebbe andare al porto di Castellammare all'alba per comprenderlo, quando brulica di pescherecci, tornati dalla lunga notte di pesca, quando sulle banchine il pescato è meraviglioso, da dipingere, ancor prima che da mangiare.

L'allevamento del tonno a Castellammare, e la sagra del tonno oggi, bisogna guardarli come una continuazione culturale di un rito sacro che continua a coinvolgere le nostre menti, la nostra cultura e l'essenza stessa della nostra storia di uomini di mare. 

 


 

 

 
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